SWITCH OFF

switch-off-when-not-in-use-safety-signs-p3429-118593_zoomL’ho incontrato qualche giorno fa, nel corridoio del piano terra, mentre andavo a consegnare la posta all’ufficio spedizioni. All’inizio mi sono concentrata sul volto, o meglio su ciò che aveva indosso, sul viso. Ho pensato ci fosse una fuga di gas e lui fosse un operaio, anche se  la maschera che indossava lasciava presagire una catastrofe ben più grave. Aveva una maschera antigas, di quelle militari, quelle che immagini vengano adottate per far fronte ad una guerra batteriologica. Mi è passato accanto, indifferente a tutto, come se fossi trasparente, e come se il suo abbigliamento fosse la cosa più naturale del mondo. Anche questa estate l’avevo incrociato. Portava un passamontagna che lasciava intravedere solo gli occhi. Ho pensato avesse un problema alla pelle e comunque anche allora l’incontro non è stato dei più rassicuranti. E’ un collega piuttosto giovane, del settore “tecnologia e informatica”. L’anno passato era venuto nella mia stanza per apportare aggiornamenti al sistema operativo. Un tipo poco incline alla conversazione, schivo. Ma questo non lasciava presagire il cambiamento che c’era in atto. Almeno, non in quel contesto. La mattina viene al bar a consumare cappuccino e cornetto. In quell’occasione, lontano da sguardi indiscreti toglie la maschera. La cosa incredibile è che tutti facciamo finta che il suo look sia normale e passi inosservato. Poi nelle stanze se ne parla, anche con una certa preoccupazione. Ma pare nessuno si senta autorizzato ad affrontarlo.
La sua mente ha avuto uno switch off. Quando esattamente? Nessuno si è accorto di ciò che stava avvenendo? E se anche i suoi colleghi se ne fossero accorti, cosa poter fare?

Da qualche mese è arrivato un collega. Il suo settore è stato trasferito nella nostra sede. Il luogo non è certo dei migliori, soprattutto se sei un po’ depresso e se ti senti “fottuto” nella possibilità di andare in pensione a causa della famosa legge Fornero.
I primi tempi, appena arrivato, l’argomentazione principe alle 7,20 di mattina, mentre aspettavamo la navetta che ci portasse al lavoro, era la riforma pensionistica. Ciò avveniva puntualmente, tutti i giorni, anche di fronte al “sacro” caffè mattutino. Per me è un argomento talmente lontano dai miei progetti di vita, che cercavo di condurre la conversazione verso altro. Per un po’ ci sono riuscita, poi ha deciso che come interlocutrice ero un fallimento, non l’ascoltavo più molto attentamente, non rispondevo ai suoi quesiti e non ero abbastanza addolorata e depressa da tirare fuori il livore nei confronti della Fornero, da dichiarami degna della sua attenzione.
Ora è qualche settimana, che lo incrocio all’uscita della metro, con lo sguardo che vaga nel vuoto, come se seguisse dei pensieri solo suoi. Mi fa tenerezza. Mi fermo sempre per offrirgli il caffè, disposta anche a farmelo andare per traverso prestando attenzione alle sue lamentele. Ma ho scoperto che lui esce di casa sempre molto prima di me e arriva sempre molto prima di me. Quindi al mio passaggio ha già consumato un primo cappuccino e cornetto, un caffè, una sbirciatina all’edicola e poi chissà perchè si è rintanato nei corridoi della metropolitana. Nonostante ciò, è sempre il primo a salire sulla navetta, si siede sempre allo stesso posto, davanti, il più davanti possibile. Panica quando qualcuno più veloce di lui, riesce a salire e a “rubargli” il posto. Arriva davanti al badge e passa il cartellino tre volte, su tre badge diversi, per assicurarsi che il suo ingresso sia “davvero” stato preso in considerazione dalla macchinetta. A passo sicuro si dirige verso l’ascensore, non scende mai al bar, mangia in stanza. Prima intasava la posta segnalando tutte le iniziative riguardanti la riforma sul sistema pensionistico. Ora ha rinunciato anche lì a stabilire un possibile dialogo. Swhitch off …..

L’altro giorno di fronte alla macchinetta del badge, il mio collega di stanza mi ha guardata e indicando la sequenza delle tre timbrature mi ha detto “Hai notato anche tu?…” Io ho risposto “Sì, e mi dispiace molto, ma che fare?”. Ho timbrato anch’io. Poi mi sono voltata e gli ho detto “Devi farmi una promessa. Nel caso anch’io cominciassi ad avere comportamenti strani, ripetitivi, nevrotici devi promettermi che farai del tutto per farmelo notare”. Lui ha sorriso e mi ha risposto “Sicuramente troveresti una giustificazione al tuo comportamento, e credimi, ti sembrerebbe tutto molto razionale. Cosa potrei farci …”. Giusto … Switch off …….

Informazioni su lacantatricecalva

Se non fossi come sono, mai avrei iniziato a scrivere un blog e mi sarei persa un sacco di cose. Tipo.. ma che cos'è un Gravatar?! Bene se non ho fatto casini, almeno ad una cosa aprire un blog è servito.
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15 risposte a SWITCH OFF

  1. elliemme ha detto:

    Caspita… alquanto inquietante! Ma in ufficio con mio marito, ci sono colleghi ancora più fuori e più giovani, sigh 😦

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    • lacantatricecalva ha detto:

      Si in effetti sembra che io lavori al CIM. La cosa inquietante è che accada e che tu ti senta impotente di fronte a queste manifestazioni di disagio. A volte non è l’indifferenza è che non sai come affrontarle e poi un pochino ti chiedi “Ma davvero tu sei esente da manifestazioni di nevrosi?!” Sarei curiosa di sapere cosa accade al lavoro da tuo marito a questo punto!

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      • elliemme ha detto:

        Mah, gente tranquilla che tutto ad un tratto sbotta urlando nei corridoi con chiunque, che ti accusa di cose strambe, che tira sedie in testa ai colleghi. Il collega più taciturno, a volte è anche il più represso, oserei dire il più folle ..

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      • lacantatricecalva ha detto:

        Però! ambientino tranquillo! … suggerimento: se mettessero come colonna sonora quella proposta da vagoneidiota? io trovo che il corpo si lascerebbe andare volentieri al ritmo e forse volerebbero meno sedie 🙂

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  2. vagoneidiota ha detto:

    Righe fantastiche.
    Flight facilities – with you (Mam remix)

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  3. Guido Sperandio ha detto:

    Come sempre scritto molto bene, e letto molto volentieri. I tuoi sono tranci di vita e come tali, oso dire, diventano “istruttivi”. Ricordano che non siamo soli a questo mondo e che comunque ci sono altre persone e sensibilità all’infuori dell’usuale giro delle nostre frequentazioni.
    In merito alla galleria dei tipi da descritti, mi fai tornare in mente uno splendido slogan: Nessuno da vicino è normale.
    PS: Vero altrettanto che forse i tipi da descritti, meno normali lo sono un po’ più della media 🙂 Aggiungo: quelli poi citati da elliemme…

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    • lacantatricecalva ha detto:

      Apparentemente non siamo soli, ma ci sentiamo soli. Ti suggerisco il post che ho letto ieri riguardo questa nostra abitudine a chiuderci, a renderci non partecipi anche ai piccoli tentativi di condivisione, che nel racconto accade durante un viaggio in treno, ma potremmo trasferire la situazione in qualsiasi contesto. http://tizd.wordpress.com/ “… che stupidi che siamo…”
      Grazie Guido, i tuoi commenti sono sempre molto carini ed affettuosi e mi emozionano sempre.

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      • Guido Sperandio ha detto:

        Ho letto tizd, ma forse c’è un equivoco di partenza. Il mio “non siamo soli a questo mondo” era seguito da “ci sono altre persone e sensibilità all’infuori dell’usuale giro delle nostre frequentazioni”. Quindi intendeva, la mia frase, che esiste una varietà di persone e caratteri che sono differenti da noi.
        Non mi riferivo alla solitudine nella folla, alla mancanza di comunicazione odierna, ecc. Questo argomento essendo un altro.
        In sintesi: m’è parso che il tuo post riferisse della stranezza di certi tipi 🙂

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  4. Topper ha detto:

    Qualche tempo fa, la mattina, in ufficio, prendendo il caffè alla macchinetta, mi divertivo con gli altri a guardare un collega che, posteggiata l’auto, perdeva almeno 15-20 minuti per controllarne la posizione, lo spazio tra le altre macchine, la distanza dal marciapiede e dalle strisce. Ogni giorno. Arrivava, scendeva dalla macchina e la riguardava da ogni angolazione. Poi la spostava di pochi centimetri, andava via, tornava, la guardava, andava a timbrare, tornava alla macchina e, che so, girava le ruote o l’avvicinava al muretto o controllava che fosse chiusa.
    Poi ho cambiato sede e non l’ho più visto ma la sua ossessione era uno spasso. Non gli ho mai chiesto nulla ma presumo facesse parte delle categorie protette che l’azienda ha l’obbligo di assumere. Ecco, per me lui era un caso da switch off. Eppure ho sempre avuto il dubbio che stesse meglio di tutti noi.

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    • lacantatricecalva ha detto:

      Tutti i giorni c’è una collega che arriva con la sua smart e più che parcheggiare la macchina, semplicemente la “abbandona” di lato sotto un albero, fregandosene che così possa ostruire l’entrata e l’uscita dai parcheggi. A volte all’uscita vedi il malcapitato che nel fare manovra sbuffa tipo ciminiera e dalla sua testa escono le nuvolette come nei fumetti con tanti accidenti disegnati. Credo che appartenga ad una categoria specifica, ma non si chiama “protetta”… Lei ha subito un altro tipo di switch off. Ora c’è da capire quale sia più grave. Dal suo punto di vista, sicuramente vivrà più serenamente del tuo collega, lontana da ansie e nevrosi. Lui riesce ad essere fastidioso solo con se stesso e al massimo può far sorridere e suscitare tenerezza. Lei credo che rischi tutti i giorni di non restare tramortita sulle scale da uno dei fulmini che saettano dalle famose nuvolette.

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      • Topper ha detto:

        Il mio collega nemmeno si rende conto della sua ossessione, a mio avviso. Credo stia bene così e sì, non rischia niente. Lei in effetti potrebbe avere qualche problema in più!

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  5. diapasonred1962 ha detto:

    Chissà perchè mi viene in mente il vecchio film “Senza pelle”? Forse le nostre fragilità ci invitano ad indossare delle maschere…qualcuno, impaurito o perchè la mente è “esplosa”, le indossa realmente immaginando di proteggersi. Mille interrogativi senza risposta.
    Si può mantenere uno sguardo compassionevole quando non si può fare altro. Chissà?

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    • lacantatricecalva ha detto:

      Sì, anche io ricordo quel film. Mi colpì molto, tra l’altro all’epoca lavoravo allo sportello di un ufficio postale e non hai idea di quanti “senza pelle” si incontrano (anche all’interno dell’ufficio!). E’ vero, probabilmente lui ha realmente indossato la maschera, quella stessa che virtualmente indossiamo un po’ tutti. La sua fragilità l’ha portato a credere che una maschera reale possa metterlo al riparo dal mondo esterno. Ma quanto è lontana la verità …

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  6. Pendolante ha detto:

    Camminiamo su un binario sottile e non cadere dipende solo dal vento che tira. L’empatia e comprensione degli altri è importante.

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