Qualche giorno fa sono andata a vedere la mostra di Norman Rockwell e mentre guardavo le copertine del The Saturday Evening Post da lui disegnate, si è affacciato prepotente un ricordo che mi ha riportata all’infanzia. Mia nonna riponeva gelosamente nel cassetto della credenza in cucina una rivista, che usciva settimanalmente. Era “Grand Hotel”. Lungi da me voler paragonare stilisticamente il genio di Rockwell con i più modesti illustratori italiani di Grand Hotel (anche se mi permetto di citare Walter Molino), ma a volte ti accorgi come nei meandri della mente ricordi ormai fascicolati e riposti, riemergono trascinando con sè tante altre immagini che pensavi dimenticate.
Così mi ritrovo seduta in cucina, intenta a sfogliare la rivista di cui guardo le immagini colorate che scorrono sotto i miei occhi, mentre addento la merenda che mia nonna ha preparato e che io trovo la migliore prelibatezza del mondo, una fetta di pane casareccio con olio. A volte era sostituita da una frittella spolverata di zucchero o, nella sua versione povera, una fetta di pane bagnato e zucchero. Queste nei miei ricordi sono le merende migliori, quelle che mi piaceva sbonconcellare, mentre guardavo mia nonna stirare o dedicarsi alla cucina e che associo ai rumori provenienti dal cortile. Il rumore dello scorrere dei fili tesi da balcone a balcone su cui venivano stesi i panni, le voci provenienti dagli altri appartamenti, i saluti da finestra a finestra. Ricordo anche che mia nonna mi concedeva di giocare con due scatole, che contenevano tesori per me preziosissimi. Una era la scatola dei bottoni, nel mio immaginario piena di pietre preziose, sete raffinate, scampoli di stoffe damascate adatte a creare abiti sontuosi e principeschi per le mie bambole. Ora a voler fare psicologia spicciola si potrebbero dare varie interpretazioni sulla mia passione, che ho tutt’oggi, nei riguardi dei bottoni. Ma premetto che ho una passione smodata per tutto ciò che è futile ed effimero. Ai miei occhi assume un valore inusitato anche un semplice sasso colorato, che poi a mio dire definirlo semplice è un’offesa. Comunque, se questo può dar seguito a suggestive interpretazioni freudiane, parlandovi dell’altra scatola scatenerò ancor di più la necessità interpretativa delle mie “insane” passioni infantili. La seconda scatola conteneva centinaia di santini. Si, proprio quelli, le immaginette sacre di santi e madonne. Mia nonna era un mito. Ne aveva centinaia, non equiparabili a nessun album della Panini. Li trovavo meravigliosi. Avete idea di quante chiese ci siano a Roma? Ebbene all’epoca credo ci fosse una sorta di competizione su quella che riuscisse a fornirne di più belli, più ricchi e colorati, sontuosi nelle immagini e nelle dimensioni. Lei era una gran collezionista! A quale di quei santi si rivolgesse poi, non so davvero. Se ne avesse uno preferito non ricordo. Io ogni volta li schieravo in enormi file lungo il corridoio e decidevo di dedicare il mio ardore settimanale a quello che a mio parere meritava la mia attenzione perché il più bello. Tutto ciò non ha aiutato la mia vocazione religiosa, anzi, credo che abbia generato una certa confusione. Alla fine questa curiosità per i colori e le immagini ha sviluppato una insana passione per i fumetti e con il tempo mi sono trovata ad apprezzare ben altri illustratori.
Il mio devoto ricordo va sempre a Paz.
Un mito.
Come & Play (John Lundun Exotic Remix) di Kojo Akusa Ft Lesego
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È un post simpaticissimo!
Scrittura viva, proprio perchè di cuore, si sente, e sincera (Il vecchio grande Hemingway, per me il Campione dei Campioni, non finiva di ripetere che il segreto della buona scrittura è la sincerità come punto di partenza, anche se poi crei…)
Mi ci sono continuamente ritrovato anche se non ho mai giocato coi bottoni e non ho mai avuto collezionista di santini… 🙂
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Purtroppo la scatola di bottoni e la collezione di santini sono andate perdute. Chi ha svuotato casa di mia nonna non ha saputo dare importanza agli stessi oggetti che io ritenevo unici perché intensi di ricordi. Ma i ricordi ce li ho ben impressi e poi la scatola di santini faceva parte di un percorso che avrebbe dovuto avere un seguito
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Quanti ricordi stupendi! Molti comuni devo dire! Certo che a dirla tutta la Panini potrebbe pensare a un bell’album per la raccolta dei santini… 😉 complimenti per il bello scritto! 😉
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Grazie a te per il passaggio nel mio blog e per il bel commento 🙂
Possiamo provare a lanciare l’idea alla Panini, perché no?!
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Non sarebbe male!
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vero?! 😉
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